sabato 5 ottobre 2013

LA BENEDIZIONE DEI CERI, RACCONTATA DA CLAUDIO BIONDI

foto: Tiziano Pompei
"Le cose importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, poiché le parole le immiseriscono – le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori." (S.K.)
E' per questo motivo che ho titubato nello scrivere questo articolo, in quanto da un lato volevo riuscire ad esprimere la profondità e l'intimità delle emozioni provate, dall'altro avevo paura di non riuscire nell'intento.
Poi ho pensato " ma si proviamo...".
E questo è quanto.
foto: Tiziano Pompei

"PER REVERENTIA ET DEVOZIONE" così è scritto negli Statuti Ascolani, ed è con questo atteggiamento che nel nostro Sestiere si affronta la Benedizione dei Ceri. Certo, per i turisti è solo un momento spettacolare, per altri sestieri forse solo un fastidio che porta all'estrazione dell'ordine di gara, ma non per noi. Per noi è forse il momento più emozionante, di sicuro il più coinvolgente, certamente il più toccante.
Ma come si fa a descrivere un ricordo, una emozione, una sensazione? Come si può essere fedeli nel narrare un qualcosa che investe tutti i tuoi sensi? Semplice, raccontando ciò che hai provato. La Cripta la riconosci dall'odore di incenso, quello che ti fa scattare un interruttore nella testa e ti fa capire che non è più tempo di indugi né di battute. E' finita l'attesa, quel che è fatto è fatto, domani c'è la Quintana, bisogna solo pregare e sperare. La riconosci dal tatto, dalla sensazione rassicurante che ti trasmettono i polpastrelli quando tocchi il marmo della statua, quel freddo (ma non così freddo, in fondo) tranquillizzante che sembra ti dica che Lui è lì, che non devi preoccuparti, ora ci pensa Lui. E' la stessa calda sensazione che provi passando le dita sul legno liscio e bucherellato dal tempo degli inginocchiatoi, tiepido ma duro sotto i gomiti e le ginocchia, scomodità che ti ricorda che non sei lì per farti i tuoi comodi, ma per pregare. Perchè la vita è dura, la Quintana pure. E' quella sensazione di fratellanza che ti trasmette la mano di Jacopo che stringe la tua mentre stai pregando, palmo contro palmo, a comunicarti che si, è pronto, ha compreso perfettamente l'importanza del momento che ha appena vissuto. La riconosci dal silenzio assoluto, pesante, quasi opprimente che "esplode" una volta finiti i fruscii ed i borbottii delle persone che si sistemano al loro posto. E' un silenzio quasi tangibile; ti spaventa perché pensi che gli altri possano sentire quello che ti passa nella testa. E non è sempre un bene. La riconosci (e qui è più facile...) da quello che vedi, dai visi contratti o concentrati, dai capi chini, dalla devozione che si nota nell'intima profondità con la quale si prega. La vedi nei tanti cuori ghibellini che, una tantum, diventano un po' guelfi e si sciolgono al sacro, nell'enorme implorazione comune che diventa quasi pagana, laddove il sacro si contamina nel profano. E questo un po' spaventa... Esci dalla Cripta un po' intimorito, come se avessi provato un qualcosa che non comprendi appieno, qualcosa di difficilmente spiegabile, ed a giudicare dai volti degli altri sestieranti, scopri di non essere il solo. Hai vissuto questa esperienza con umiltà, in modo intimo, lontano dagli occhi di chi non può capire, perché a Sant'Emidio le cose si fanno così, non per apparire. Semplicemente per "REVERENTIA ET DEVOZIONE".  Ah, dimenticavo l'ultimo senso, il gusto. La riconosci dal sapore dolce della vittoria che quest'anno sentivi oramai certa, che si è però trasformato nell'amaro del fiele di una sconfitta immeritata.

Anomalia Sessantacinque
 
foto: Tiziano Pompei
foto: Tiziano Pompei


foto: Tiziano Pompei
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